Se Atene piange, Sparta non ride. Fa parte dell’atteggiamento di noi italiani l’essere sempre pronti ad autocommiserarci, ritenendo che gli “altri”, nella fattispecie i nostri vicini di casa europei, facciano meglio di noi. Quando poi si parla della Germania, in particolare, vi è una sorta di malcelato senso di rispetto e stima che parte dall’assunto che nella regione teutonica tutto funzioni in modo meraviglioso.
Bene, ora infrangeremo questo mito, che possiamo dichiarare non più attuale. Saltiamo a piè pari qualsiasi riferimento politico e concentriamoci sui fatti più vicini al mondo della farmacia, non senza aver evidenziato che la Germania è molto arretrata dal punto di vista dello sviluppo digitale: la fatturazione elettronica sarà introdotta solo nel 2025, non vi è identità digitale né fascicolo sanitario elettronico e non bisogna stupirsi se al ristorante la carta di credito viene rifiutata. Tutto ciò, infatti, va di pari passo con un livello di burocratizzazione da far rabbrividire.
La farmacia tedesca
Detto ciò, la farmacia tedesca, diciamolo pure, non se la sta passando molto bene. La ricetta elettronica è comparsa soltanto nel 2023 e in questa rivoluzione copernicana è stato previsto che anche il farmaco da prescrizione possa essere acquistato online. Il numero di farmacie presenti sul territorio (dove non c’è pianta organica) era, alla fine del 2023, di circa 17.500, con una popolazione di oltre 84 milioni di abitanti, il che significa (vi risparmio il calcolo…) una farmacia ogni 4.800 abitanti circa. Ma il dato rilevante è che 10 anni fa vi erano circa 22.000 farmacie, a fronte di una popolazione di 80 milioni!
Ora, la prima domanda che ci viene in mente è: “come mai un crollo del 20% del numero di farmacie in 10 anni?”. La risposta va ricercata, per esempio, negli elevati costi di gestione, negli insufficienti livelli di remunerazione per la dispensazione del farmaco e nella difficoltà di trovare farmacisti, pur considerando che solamente un terzo del personale di una farmacia è un farmacista.
Ma non è tutto. Proseguendo nell’analisi, vediamo che il fatturato medio di una farmacia tedesca (dati Abda) è di 3,6 milioni di euro. Non male! verrebbe da dire. Anche qui, però, abbiamo un “ma”. E questo “ma” è dato dal fatto che il 91% di questo fatturato deriva dalla vendita di farmaci. In particolare, ben l’83% sono farmaci da prescrizione, mentre il restante 8% sono Sop e Otc. E questo spiega molte cose. Solo un misero 9% del fatturato totale di una farmacia è dato da cosmetici, integratori e qualsiasi altro prodotto che non sia un farmaco, compresi i servizi.
È chiaro che la lettura di questi dati impone alcune riflessioni. Non entriamo nel merito dei tecnicismi della remunerazione, ma è evidente che, da sola, non è sufficiente a garantire la buona sopravvivenza del sistema farmacia. Il fatto, poi, che prodotti quali i cosmetici e gli integratori abbiano un peso così limitato determina una crisi della marginalità. E per quanto riguarda i servizi: “non pervenuti”.
Dobbiamo anche aggiungere un altro fattore di natura culturale: non fa parte del pensiero tedesco andare a cercare un cosmetico in farmacia. Si preferisce andare nei cosiddetti drugstore che hanno un’offerta decisamente più alta a prezzi sensibilmente più bassi (e qui emerge la propensione tipicamente germanica al risparmio). E poi, naturalmente, c’è l’online.
Detto tutto ciò, che cosa ci portiamo a casa? Mi sentirei di dire che in Italia abbiamo il vantaggio che la farmacia viene percepita come il luogo in cui si possono trovare cosmetici (di qualità), ma soprattutto, ciò che è fondamentale, è che qui il cittadino trova un farmacista preparato, in grado di dare quel valore aggiunto che un acquisto online non può fornire. Un Farmacista con la F maiuscola, che sappia ascoltare, consigliare e definire protocolli su misura. Ancora una volta, lo studio vince.
(Farma Mese N. 8-2024 ©riproduzione riservata)